sabato 23 agosto 2008

Stato e libertà

da R. DAHRENDORF, Erasmiani, Laterza.

L'autore tratta in questo capitolo (La giustizia della vita con le contraddizioni) della giustizia, la seconda delle cinque virtù cardinali che più si avvicinano al concetto di libertà come lo intende il Nostro. Nel passaggio in questione, trattando del problema giustizia-società, cita tre filosofi di grande importanza, Kant, Hegel e Rousseau.
Ecco, nel particolare, le loro posizioni.

Kant
Scopo ultimo dell'uomo è la costituzione di una società civile in cui valga universalmente il diritto, il che vuol dire massima libertà e totale antagonismo (lotta e contraddizione) degli individui e allo stesso tempo la determinazione dei limiti della libertà del singolo tramite «pene».
Rousseau
Sulla scorta di Hegel, l'autore ricorda come il filosofo francese abbia fatto un passo in avanti rispetto a Kant, stabilendo come principio dello Stato una volontà generale (che per Hegel è ancora l'insieme delle volontà singole, quindi una soluzione insufficiente).
Hegel
Se si confondono stato e società civile e lo scopo del primo viene individuato nella protezione della proprietà e della libertà personali, ne viene che gli uomini non si uniscono per l'interesse dell'individuo in sé e l'appartenere o meno allo stato dipende dal singolo «piacimento» [critica a Kant]. Hegel vuole, invece, una «volontà oggettiva che è il razionale in sè nel suo concetto» a prescindere che venga voluto dagli individui o meno.

La storia ci ha insegnato che la linea di pensiero tracciata da Rousseau/Hegel (o, almeno, soprattutto dal secondo) è risultata assolutamente perdente. Mentre oggi la nostra società mi sembra aver come base solida l'idea kantiana. Ora, mi chiedo, esiste una terza via che prescinda da questa lotta e contraddizione? Vale a dire: la libertà assoluta ed egocentrica del singolo che è riconosciuta leggittima fino a quanto non va a ledere la libertà dell'altro ha oggi un'alternativa valida? O è l'unica strada percorribile?

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